All’indomani dei bombardamenti di settembre 1944, a Pavia nessuno era pronto a dire addio a un ponte che con la sua lunga storia – costellata anche da affascinanti leggende – era qualcosa di più che un simbolo per la città, visto che aveva rappresentato per secoli l’unico attraversamento del Ticino.
Il dibattito durò quattro anni e vide confrontarsi, in alcuni momenti anche in modo vibrante, la quasi totalità dei cittadini che rivoleva il ponte “com’era e dov’era” e dall’altra i tecnici, che – per motivi prevalentemente viabilistici e idraulici – spingevano per un nuovo manufatto, più moderno e più adatto alle nuove esigenze. Chi invitava le Belle Arti a spingere per il ripristino dello storico manufatto sottolineava che consentirne la definitiva demolizione sarebbe stato interpretato come vandalismo e profanazione. Sul finire del 1948 la dinamite completò il lavoro iniziato dalle bombe alleate e a partire dall’anno successivo si cominciò la costruzione del nuovo ponte. Con un corposo corredo fotografico, Carlo Ercole Gariboldi racconta la «storia del ponte medievale che Pavia voleva salvare».
Carlo Ercole Gariboldi, 1351-1951 Seicento. Storia del ponte medievale che Pavia voleva salvare (Univers Edizioni)
(Bruno Gandini)