Vista dall’alto, la piana pavese sembra un infinito mare. Le risaie coprono 85.000 ettari (che equivalgono a circa 4 milioni e 865 mila quintali di produzione totale). Un mosaico di verdi intervallati da specchi d’acqua introdotti dagli Sforza a metà del 1400, che consacrano la provincia come leader indiscusso in Italia e in Europa nella produzione di riso. L’oro bianco, quei chicchi tanto apprezzati in tutto il mondo, coinvolge oltre 1700 aziende risicole sul territorio. Il paesaggio è unico: rogge e canali lambiscono cascine e castelli.
In primavera si prepara il terreno e si concima, poi i campi vengono sommersi e si passa alla semina a spaglio o in asciutta. A cavallo tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno, quindi a settembre e ottobre, avviene la raccolta seguita dall’essicazione. Il riso, successivamente viene pulito dal risone e poi si passa alla sbramatura ottenendo il riso integrale o semigreggio, e alla sbiancatura, ovvero l’eliminazione del germe per ottenere il chicco bianco. Il chicco differisce in base alla forma: tondo, fino, semifino e superfino. Le principali varietà di riso coltivate in provincia di Pavia sono il Carnaroli, il Vialone Nano, l’Arborio, il Baldo, il Balilla, il Gladio, il Loto, il Roma, il Sant’Andrea e il Selenio.
Il re è il Carnaroli, amato dagli chef a livello internazionale, per cucinare il risotto perfetto. Nato nel 1945 su esperimento di un risicoltore, Ettore de Vecchi, che incrociando il Vialone con il Lencino, presentò questa nuova varietà di riso. Il chicco è consistente, corposo, tiene la cottura, ed è ideale per ogni preparazione: risotti raffinati, in primis, ma anche timballi, supplì, pudding, minestre, ma anche un semplice riso bianco al burro e Grana Padano. Il sapore è dolce, solo leggermente sapido e minerale. La Camera di Commercio ha registrato un marchio Carnaroli da Carnaroli Pavese® per la commercializzazione del riso coltivato da semente Carnaroli con filiera certificata.
(Eleonora Lanzetti)