di Claudio Micalizio
Ogni comunità ha i suoi simboli, che tradizionalmente possono essere il campanile della chiesa, il municipio o un monumento dall’alto valore storico e molto caro a chi vive in quel luogo. A Robbio, località lomellina al confine con la provincia di Novara, fino a qualche anno fa il simbolo condiviso era un gigantesco olmo che sorgeva nei pressi della Chiesa di Santo Stefano, nell’omonima piazza in pieno centro.
In realtà sarebbe perfino riduttivo definire l’urmòn, come lo chiamavano in dialetto locale, l’emblema del paese; questo enorme albero, dal diametro di cinque metri, incarnava davvero l’essenza della vita stessa dell’intero territorio di cui è stato per oltre due secoli testimone privilegiato: sotto l’olmo ci si ritrovava ogni giorno per giocare tra amici o fare due chiacchiere, oppure come punto di riferimento per un appuntamento galante o un impegno di lavoro, per discutere dei problemi del paese o dello scibile umano ma anche solo, in fondo, per trovare un po’ di refrigerio contro la calura estiva. Quanti incontri e quante storie si sono vissuti all’ombra del grande olmo, piantato nel 1768 insieme a decine di altri simili e sopravvissuto a tutti gli altri alberi fino ai primi anni ’80, quando questa pianta plurisecolare si ammalò per colpa di un fungo. Per Robbio fu letteralmente uno choc: le cronache locali dell’epoca riferiscono che si fece di tutto per trovare una cura e in paese arrivò anche un noto fitopatologo ma qualche mese dopo, nonostante l’impegno di amministratori e cittadini, il grande olmo morì. Era il 2 luglio 1983, una data scolpita ancora oggi nella memoria collettiva dei robbiesi.
Anche perché dalla necessità di elaborare quel grande e singolare lutto è nato un evento che ogni anno, dal 1985, richiama in paese migliaia di persone: il Palio dl’Urmon. Otto rioni che si sfidano in svariati giochi per aggiudicarsi il titolo di campioni dell’anno e rendere omaggio alla memoria del grande albero che lungo i suoi oltre 200 anni di vita aveva legato la sua esistenza alle storie di ogni singolo abitante. Tutto intorno, dieci giorni di festa che culminano nella prima domenica di settembre, quando si celebra la stracittadina: anche quest’anno da venerdì 23 agosto e domenica primo settembre, Robbio diventerà un grande centro di aggregazione tra gastronomia, musica e, ovviamente, tradizione.
Anche Roberto Francese, il sindaco di Robbio, si emoziona ancora oggi a ripercorrere quelle vicende. Lo incontriamo poche ore dopo ferragosto, mentre fervono i preparativi per l’imminente edizione dell’evento stracittadino.
Il Palio dl’Urmon, in fondo, è un grande atto d’amore per quel simbolo così rappresentativo nella vita di tutti i robbiesi: quanto è importante ancora oggi per la vostra comunità?
«Tantissimo perché negli ultimi anni è cresciuto sempre di più. La malattia del nostro grande olmo aveva scosso davvero tutto il paese, che si era mobilitato per trovare una cura che potesse impedire la morte di quell’albero così ricco di storia e di significati per ogni cittadino. Quando è stato abbattuto, un gruppo di volenterosi ha dato vita nel 1985 al Palio che da oltre quarant’anni, ormai, viene portato avanti sempre da volontari. Diciamo che l’idea e lo spirito sono gli stessi di allora ma, nel frattempo, questo appuntamento è cambiato tantissimo: i primi anni era proprio una festicciola di paese, un’occasione per ritrovarsi tutti insieme nel ricordo di quell’albero così amato e il titolo stesso, Palio dl’Urmon, era un omaggio espresso in dialetto al grande olmo. Negli ultimi decenni, è diventato un evento in grado di rappresentare un punto di riferimento per tutta la zona e attira migliaia di visitatori e turisti».
Una tradizione che sta andando anche oltre i confini generazionali: come fare per tenerla viva anche con i più giovani?
«A livello organizzativo abbiamo assistito proprio quest’anno al passaggio generazionale: lo scorso febbraio l’assemblea dei soci del comitato organizzativo ha ratificato con un autentico plebiscito il passaggio del testimone da Orieto David, anima storica del palio dl’Urmon che dopo 25 anni di impegno e passione aveva annunciato l’intenzione di farsi da parte proprio per favorire il ricambio generazionale, ad Alessio Crivellari che era già vicepresidente. Un avvicendamento definito da tutti come “naturale” e che è ancora più positivo se pensiamo che Orieto ha deciso di continuare a collaborare con il direttivo e con il comitato mettendo a disposizione la sua esperienza e il suo impegno per la collettività. È un aspetto molto importante perché ci dice quanto il palio stia continuando a passare di generazione in generazione e come i giovani siano sempre interessati a tenerne viva la tradizione. Ma questo accade anche nella comunità e tra il pubblico, anche perché i giochi coinvolgono anche i bambini e questo ovviamente richiama le famiglie che assistono ogni anno alle gare e si divertono. Me ne accorgo da spettatore: la domenica, ovviamente, è la giornata più partecipata ed è bella e spettacolare ma, per certi versi, è ancora più bello vedere quello che accade durante la settimana, con i giochi e le varie iniziative che richiamano migliaia di persone a partecipare a questo rito collettivo che riesce ancora oggi a custodire l’anima della nostra comunità».
E poi il Palio è ormai diventato un evento di forte richiamo turistico: siete soddisfatti della sua evoluzione?
«Negli ultimi anni questo appuntamento ha saputo aprirsi sempre più, diventando un punto di attrazione per i turisti che vengono dalle province di Pavia e di Novara ma anche da più lontano. E questo, ovviamente, è motivo di orgoglio per tutti noi. È anche un riconoscimento al lavoro e all’impegno profuso dagli organizzatori, dall’amministrazione comunale e da chiunque abbia dato il proprio contributo: siamo soddisfatti di quanto il nostro “Palio” stia crescendo e ovviamente il proposito di tutti è di valorizzarlo sempre di più».
Quest’anno c’è una novità importante: il cambio di location…
«Un trasloco inevitabile perché la sede storica di piazza Dante in queste settimane è oggetto di lavori e quindi non è ancora agibile: il palco, il tendone e le gare saranno in via Guado Oca e via Casaro, a poca distanza della sede abituale. Il trasferimento ha creato non pochi problemi agli organizzatori che però sono riusciti a gestire tutto al meglio, lavorando con grande impegno e professionalità. Quella del cambio di sede è sicuramente la novità più importante per quanto, ovviamente, non voluta ma non importa: il palio dl’Urmon riparte con ancora più eventi del solito e promette di essere un’altra edizione da record».
Quali sono le principali attrazioni turistiche di Robbio, oltre al Palio dell’Urmon?
«Il nostro centro è posto lungo l’antica via Francigena e ancora oggi sul territorio comunale si possono ammirare le numerose chiese romaniche che ben testimoniano il passato di splendore di questo borgo: il consiglio che amiamo dare ai nostri visitatori è di approfittare delle date del palio per esplorare il paese, tra i luoghi di culto e gli altri edifici storici della zona, a cominciare dal Castello. Ma l’occasione è ghiotta anche per visitare tutto il circondario: penso per esempio al parco naturale Valpometto e all’ossario della vicina Palestro, che sono soltanto due delle tante opportunità che la nostra bella Lomellina riserva a chi vuole scoprirne la ricchezza e le potenzialità».
Manca davvero poco a questa nuova edizione del Palio: quale messaggio vorrebbe lanciare ai cittadini di Robbio e ai turisti che visitano la città?
«Intanto di partecipare numerosi agli eventi in calendario ma poi di essere consapevoli del valore che questa manifestazione rappresenta per il nostro territorio e per le sue tradizioni. Se oggi questo evento attira migliaia di visitatori ed è diventata un’occasione per promuovere e far conoscere le nostre terre, è merito di tante persone che per anni hanno dedicato molto tempo a questa iniziativa per farla crescere e per renderla sempre più autorevole e prestigiosa. Ora credo che sia dovere dell’attuale generazione fare ancora meglio e fare sempre di più per il futuro: quindi rimbocchiamoci le maniche tutti insieme per portare avanti questa bellissima tradizione».