A Mortara, lungo la via Francigena, c’è l’antica Abbazia di Sant’Albino, fondata nel V secolo: è un luogo straordinario su cui si inanellano echi di storia e di leggende millenarie che risalgano alla sanguinosa battaglia di Pulchra Silva, avvenuta il 12 ottobre 773, quando i franchi di Carlo Magno sconfissero i longobardi di Desiderio.
L’abbazia, infatti, sorge sul luogo in cui caddero i paladini Amico (Amid de bayre) e Amelio (Amelie d’Auvergne) le cui gesta ricorrono nei cicli carolingi cantati dei menestrelli medievali e le cui spoglie – secondo un’antica leggenda – furono ritrovate nello stesso sepolcro dopo essere state tumulate in chiese diverse.
Sant’Albino fu costruita da monaco inglese Albin Alkwin. Ancora oggi, la chiesa cattura immediatamente lo sguardo dei viandanti grazie all’appuntito campanile romanico-gotico mentre, intorno, si allungano i resti dell’antico cenobio, con una graziosa monofora del 1300.
Ma è solo l’inizio di una fascinazione più profonda: non si può infatti, restare indifferenti di fronte al portico rinascimentale, al chiostro, al loggiato e, soprattutto, agli splendidi affreschi quattrocenteschi.
Sant’Albino è una testimonianza architettonica di stili diversi che si sono succeduti e accavallati nel tempo con impareggiabile grazia: la struttura architettonica originaria con l’abside, infatti, è romanica, e risale al XII secolo ma la facciata e la navata mostrano modifiche dal chiaro gusto rinascimentale. Le colonnine di granito del protiro, invece, sono successive e sono ascrivibili a un rifacimento del 1540, ad opera di Pietro Antonio Birago, reso necessario da un crollo che indebolì la struttura modificandone l’assetto originario.
Il vero gioiello dell’Abbazia di Sant’Albino è, infine, rappresentato dagli affreschi che si trovano sulla parete destra del presbitero e su parte del muro dell’abside in cui si mostrano scene riconducibili al battesimo di Gesù con le figure di Sant’Antonio Abate e della Madonna in trono.