Il suo cielo è davvero d’oro, sopra l’Arca di Sant’Agostino, e accoglie i fedeli e i visitatori che vi fanno ingresso, con sorprendente maestosità. La Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro, a Pavia, è, insieme a San Michele Maggiore, la basilica più importante della città, e anche quella maggiormente presente nella storia. Una basilica che conobbe il massimo splendore in epoca longobarda, con il re Liutprando, proprio quando arrivarono dai Saraceni le reliquie di Sant’Agostino.
Di epoca romanica, costruita nel 1100 sul luogo dove era sepolto Severino Boezio, mostra una facciata a capanna, tripartita, in cotto, con decori in arenaria e da una loggia cieca sormontata da una cornice in cotto. L’interno, l’impostazione è a tre navate con absidi, e custodisce anche una cripta – dove si trova la sepoltura di Severino Boezio (ne parla anche Dante nella Divina Commedia, ndr), e un oratorio. Il nome in Ciel d’Auro farebbe riferimento a un mosaico absidale in tessere d’oro.
A troneggiare proprio sotto la cupola dorata, è l’Arca di Sant’Agostino, un vero e proprio capolavoro marmoreo, realizzato nel 1362 dai maestri campionesi scolpendo scene di vita del santo nel marmo di Carrara e di Candoglia. Forse non tutti sanno che proprio questo monumento funebre di stile gotico, realizzato tra il 14 dicembre del 1362 (come indicato da un’incisione sul basamento) e il 20 agosto del 1365, rappresenta una sorta di “sfida” all’epoca, tra Pavia e Milano che fino a pochi anni prima ospitava il modello dell’arca monumentale, ossia il monumento funebre di San Pietro martire nella chiesa di Sant’Eustorgio a Milano.
L’Arca di Sant’Agostino, infatti, supera per imponenza e dimensioni, oltre che i decori, quella milanese. Probabilmente, questa la versione che ci consegna la storia, Galeazzo Visconti, che aveva appena spostato la sua residenza da Milano a Pavia, nel Castello Visconteo, volle finanziare i lavori di realizzazione del monumento funebre ospitato in Ciel d’Oro, rimarcando la sua supremazia artistica. Le spoglie di Sant’Agostino sono conservate in uno scrigno d’argento di stampo longobardo, proprio sotto l’arca. Secondo una tradizione locale, anche i resti del re longobardo Liutprando sarebbero ancora custoditi nella basilica, alla base dell’ultimo pilastro della navata destra.
(Giuseppe Chiavaroli)