di Raffaella Costa
Un mosaico di colline, vigneti e borghi. Questo è l’Oltrepò Pavese, una terra generosa, custode di sapori autentici e saperi tramandati di generazione in generazione, dove nasce una delle eccellenze italiane più celebrate: il Salame di Varzi DOP. Questo insaccato, dalla storia millenaria e dal gusto inconfondibile, rappresenta l’anima più profonda dell’Oltrepò, sintesi perfetta di un clima unico, materie prime selezionate e una lavorazione artigianale che ne fa un simbolo indiscusso di qualità e tipicità.
In questo scenario di eccellenza, il Salumificio Valverde, situato a Colli Verdi, è espressione della qualità artigianale. La sua attività è nata con l’ambiziosa missione di produrre il salame più pregiato dell’Oltrepò montano: il Salame Crudo di Varzi DOP a grana grossa. Qui, l’antica tradizione, la saggezza e l’esperienza della cultura contadina si fondono armoniosamente con le più moderne tecnologie, garantendo un prodotto che non solo rispetta la storia, ma ne esalta ogni singola sfumatura, offrendo un’esperienza di gusto superiore e inconfondibile. Il titolare, Angelo Bozzola, era bambino quando vedeva il nonno fare il salame in casa, assorbendo i segreti della produzione che lo hanno portato a diventare custode di una tradizione norcina famigliare e imprenditore.

Angelo Bozzola
Signor Bozzola, lei ha partecipato fin dall’inizio alla definizione della DOP del Salame di Varzi. Come è nata questa esperienza?
«Era il 1989, quando fu approvata la DOP, e mi sono chiesto come valorizzarla al meglio. Ho partecipato attivamente alla stesura del disciplinare, insieme ad altri produttori. Sono stato tra i fondatori del Consorzio e, forse, uno dei più esigenti: volevamo un prodotto davvero artigianale, che non si lasciasse inghiottire dal mercato».
E per produrre secondo questi criteri ha progettato un impianto ad hoc?
«Esatto. Il Salumificio Valverde è stato costruito proprio con quest’idea: ricreare, con l’aiuto della tecnologia moderna, le condizioni di una volta. Abbiamo un laboratorio attrezzato con impianti all’avanguardia, ma la disposizione e le dimensioni degli ambienti sono state studiate per favorire il microclima ideale, quello di quando si facevano i salami in casa, insieme alla famiglia, con i maiali allevati in zona».
Che tipo di carne utilizzate?
«Come prevede il disciplinare usiamo solo parti nobili del maiale: coppa, filetto, coscia… Non utilizziamo scarti. È questo che dà al Salame di Varzi DOP la sua dolcezza, il profumo e la consistenza. Produciamo circa 10 quintali di salame a settimana: ogni pezzo è seguito con attenzione artigianale».
Un lavoro che richiede un grande impegno quotidiano.
«Sì, è un lavoro continuo. Ho sette dipendenti, e io lavoro ogni giorno, anche il sabato e la domenica. Il salame non aspetta: va seguito durante tutta l’asciugatura e la stagionatura. Controlliamo manualmente temperatura e umidità, aprendo le celle, toccando i salami, sentendone il profumo. Non è un processo automatizzato: è una sensibilità che si sviluppa con l’esperienza».
Sta trasmettendo questa esperienza anche ai suoi collaboratori?
«Sì, li sto formando. Riconoscere i profumi, le consistenze, capire quando un salame è pronto… Non è semplice, ma qualcuno ci sta riuscendo. Questo sapere artigiano deve restare vivo».
È stato aggiornato di recente il disciplinare DOP. Perché?
«Quando lo scrivemmo, pensavamo a un mercato locale, alle gastronomie di Milano. Poi le cose sono cambiate: tanti negozi hanno chiuso e siamo entrati nella grande distribuzione. Per questo servivano regole più precise, come l’inserimento del calibro, che è più rilevante del peso per determinare una stagionatura corretta».
Dove si possono trovare oggi i vostri salami?
«In azienda, presso alcuni negozi e nella catena Gulliver, dove c’è ancora attenzione per i prodotti di qualità. E, poi, c’è Eataly, che ci rappresenta in Italia e all’estero, una vera vetrina per l’eccellenza. Per noi è motivo di orgoglio».
Il salame può diventare un ambasciatore del territorio?
«Ne sono convinto. Il nostro salame è tra i migliori. Forse abbiamo iniziato a promuoverlo tardi, ma ora è il momento. Il nostro compito è raccontarlo bene, con passione e coerenza».
E chi decide qual è il miglior salame?
«Il consumatore. Oggi molti preferiscono un salame più morbido, profumato, stagionato tra i 70 e i 90 giorni. Personalmente, sono legato a gusti più rustici, quelli di mio nonno. Ma bisogna anche sapersi adattare ai tempi, senza perdere l’identità».