Squadre di ragazzini più o meno coraggiosi si sono avvicendati per anni, fino agli anni ’90 circa, in una delle esperienze horror più spaventose di sempre. Una sorta di rito di iniziazione per distinguere mocciosi da piccoli uomini pronti ad affrontare le vita. Roba da boomer, verrebbe da dire. Perché oggi, in via Baldo degli Ubaldi, nel tratto di strada che collega viale Cremona con il quartiere Vallone a Pavia, ci sono solo caseggiati ristrutturati, e perché quelle spedizioni di gruppo nascondevano sempre una certa dose di bullismo verso i ragazzini più sensibili.
Ma difficilmente troverete un adulto a pavese, che in città ha trascorso l’adolescenza e che non ricordi la storia dell’arlecchino disegnato col sangue sulle pareti di una vecchia cascina diroccata. La leggenda narra che nelle notti di luna piena l’arlecchino cominciasse a muoversi come una marionetta terrorizzando i visitatori. E così, proprio nelle serate preposte, intorno alla vecchia cascina abbandonata e invasa dagli arbusti si radunavano diverse compagnie. Qualche gruppetto a piedi, qualcuno in bicicletta, i più grandicelli coi motorini.
Il rituale era sempre lo stesso, l’assembramento, la riunione per stabilire come entrare, i meno coraggiosi a fare da palo per controllare che non arrivasse nessuno a controllare, visto che l’area era vietata, e l’esplorazione. I più grandi si facevano seguire dai più piccoli e, mentre con una piccola pila si illuminavano le pareti alla ricerca del raccapricciante dipinto, qualcuno cominciava a gridare o a simulare rumori strani e tutti a scappare schiamazzando. L’arlecchino, che chissà se qualcuno ha mai visto davvero, sarebbe stato disegnato da una bambina prigioniera, con il suo stesso sangue. La suggestione del movimento sarebbe stata data dal fascio di luce artificiale proiettato sul muro, e dalla scaltrezza nel manovrarla di qualche regista in erba. Resta il fatto che quei ragazzini sono cresciuti ma ripassare di lì provoca sempre un piccolo brivido lungo la schiena.
(Lara Vecchio)