Cinque arcate, due portali eleganti, i balconcini affacciati sul Ticino e la piccola cappelletta nel mezzo. E poco più in là, la sagoma della lavandaia affacciata verso il fiume. È sicuramente il simbolo più importante e più fotografato della città e i pavesi ve lo indicheranno sempre come ‘Ponte Coperto’. A meno che non incontriate i più anziani, che ancora custodiscono e tramandano vecchie storie e leggende pavesi.
Molti di loro ricordano ancora i resti del bombardamento del ponte, parzialmente distrutto durante la seconda guerra mondiale e vi racconteranno quella storia. Altri andranno ben oltre nel tempo, fino all’anno 999, nella notte di Natale quando una compagnia di pellegrini si accingeva, attraversando il Ticino a bordo di una chiatta, a raggiungere la chiesa sulla riva opposta per partecipare alla messa di mezzanotte. Un attraversamento complesso per il buio fitto e il freddo.
Improvvisamente, di fronte ai pellegrini spuntò una figura che sembrava avvolta dalle fiamme. E con un gesto plateale fece apparire un ponte che pareva fatto della tipica nebbia pavese. Ma comunque solido, poggiato su un robusto pilone portante. Solo che quella figura demoniaca che aveva fatto apparire il ponte, voleva una gabella. Molto pesante: se i viandanti volevano usare quel ponte per andare nella riva opposta, il primo di loro che fosse passato, avrebbe dovuto cedere la propria anima al diavolo.
Il lieto fine dell’antica leggenda vede l’ingresso sulla scena di un arcangelo, che ingannò il diavolo facendo passare sul ponte un caprone prima di tutti i pellegrini. E il diavolo, notoriamente, non sa che farsene dell’anima di un caprone, tanto che divenne furioso. Scatenò una tempesta per abbattere il ponte da lui stesso creato. Ma lo aveva fatto talmente robusto che neppure la sua ira lo distrusse. Questa è la leggenda narrata dai pavesi anziani. Comunque, il Ponte Coperto restò ben saldo, fino alle bombe del 1944.
(Lara Vecchio)