È una delle figure fiabesche più affascinanti di sempre. L’iconografia del drago continua ad affascinare grandi piccini e anche la provincia di Pavia può vantare il suo affascinante racconto. Nelle campagne di Pieve Porto Morone si racconta che un drago uscisse solo di notte dal suo nascondiglio, sul fondo di una palude, per divorare chiunque si fermasse sulle rive, colorando l’acqua di rosso.
Siamo nella valle del Po, in una zona boschiva ai tempi non ancora coltivata. Da quelle parti passavano contadini stanchi in cerca di un luogo dove accamparsi per un momento di riposo. Ma anche pescatori improvvisati perché il fiume in piena allagava le buche sul terreno formando piccoli bacini d’acqua, dove si potevano catturare facilmente dei pesci. Ma alla ‘buca dell’inferno nessuno sprovveduto si è mai voluto avvicinare.
Cosa sia mai finito in quelle acque per colorarle di rosso non ci è dato sapere. Per i narratori più razionali potrebbe trattarsi della suggestione di un alba o un tramonto in una giornata particolarmente tersa, fatto sta che oggi quello stagno è ancora lì e ha preso il nome di “stagno di Capelli”. Un bucolico angolo di mondo dove oggi crescono granturco e riso. Appena fuori da un sentiero battuto. Una sorta di laghetto naturale che conserva, per gli anziani, il fascino dell’adrenalina della giovinezza, ma anche qualche nipotino, che ha ascoltato la storia dalla voce di un nonno o di un papà, potrebbe essere in grado di indicarvi la strada, perché il fascino del drago e della memoria popolare, può anche sbiadire al cospetto di suggestioni più moderne, ma non muore mai. Non cercate tracce rosse nelle sue acque. Il drago è evidentemente a riposo ma… nel dubbio, non avvicinatevi troppo alla sponde e soprattutto non addormentatevi nei paraggi.
(Lara Vecchio)