La storia dell’Università di Pavia è ricca di studenti che sarebbero poi divenuti celebri grazie alle loro opere. Uno di questi è certamente Carlo Goldoni. Goldoni intreccia la sua biografia con la storia pavese nel momento in cui decide di studiare giurisprudenza. Nel 1723, a soli 16 anni, diviene così alunno del collegio Ghislieri.
Gli anni di Goldoni a Pavia sono allegri e spensierati, è noto anche come il suo accento veneziano gli conferisse una sorta di fascino dello straniero, divenendo molto ambìto tra le donne pavesi. La sua permanenza in collegio è fondamentale per la sua formazione come scrittore, poiché proprio nella biblioteca del Collegio Ghislieri conoscerà le tragedie e le commedie del mondo classico. Sboccia quindi l’amore tra Goldoni e la letteratura, tanto che, nel 1726, decide di scriverne una che farà molto scalpore. Sulla scia del classicismo compone quindi un’atellana, tipo di spettacolo informale in voga dell’antica Roma, traendo come spunto per il tema alcune sue vicende personali. Il titolo è Il Colosso, di cui non ci è pervenuta nessuna copia, ed è una feroce satira su dodici nobildonne pavesi dell’epoca. Ebbe enorme successo, tanto da scatenare l’ira delle famiglie della ragazza, che chiesero addirittura di processare Goldoni stesso. Il giovane, che era di famiglia potente, riuscì a scampare dai guai giudiziari, ottenendo come compromesso la sola espulsione dal collegio. Goldoni definisce come questa vicenda sia il più grande rimpianto della sua vita, e nelle sue memorie afferma di aver avuto salva la vita solo per via delle amicizie potenti di cui disponeva. Distrusse anche tutte le 25 copie che aveva fatto stampare.
Sebbene per Goldoni sia stato un enorme dispiacere, uno studio condotto sulla sua biografia afferma che se Goldoni non fosse stato cacciato da Pavia non sarebbe mai diventato un commediografo, fatto che avrebbe privato l’Italia di uno dei suoi più validi autori.
(Filippo Gatti)