Nel settembre del 1944 il Ponte Vecchio, storico simbolo della città, venne abbattuto in seguito a una serie di bombardamenti che causarono la scomparsa di quel ponte dalle forme così goffe e particolari che i pavesi tanto amavano e, in qualche modo, amano tutt’ora.
Nell’immediato dopoguerra iniziò la ricostruzione della città, delicata fase in cui occorse scegliere cosa andasse rifatto com’era e cosa invece doveva lasciar spazio ad architetture più moderne e funzionali.
Se c’era qualcosa a cui Pavia proprio non poteva rinunciare era il suo Ponte Vecchio. Si pensò quindi di costruirne una copia, su progetto di Ferdinando Reggiori, che doveva riprenderne le linee permettendo alla città di conservare uno dei suoi panorami più caratteristici.
Prima di ricostruire fu tuttavia necessario calare un gran numero di uomini e mezzi sul letto del fiume per liberare il Ticino da tutte le rovine che la guerra aveva causato, tra ordigni inesplosi e rovine crollate in acqua. Ad attendere gli operai però non furono solo i resti distrutti del vecchio ponte, ma anche un gran numero di reperti archeologici appartenenti a ogni epoca dei precedenti duemila anni. In particolare, un giorno del 1949, tra il fondo ghiaioso del Ticino e la sua superfice azzurra apparve uno strano manufatto metallico, composto da un intreccio di piccole aste a forma di X tenute insieme da delle leve. Portato a riva, e ripulito dell’inevitabile sporco che lo rivestiva le sue forme divennero più chiare. Si trattava di uno sgabello apribile che, si scoprì in seguito, era risalente addirittura a un periodo compreso tra i secoli IX e X.
A sorprendere fu la cura delle decorazioni che, attraverso degli intagli nel ferro, decorano l’oggetto. Questi particolari fecero subito intuire agli storici che, pur trattandosi di un oggetto di uso comune, doveva appartenere a un’alta carica che, per necessità di professione, aveva bisogno di tenere con sé qualcosa su cui sedersi.
Oggi la Sedia Plicatilis, in italiano “sedia piegabile”, è esposta ai Musei Civici, impreziosita da dei lembi in cuoio aggiunti successivamente che ne ricostruiscono la forma originale, dando quasi l’impressione che sia un oggetto tutt’ora utilizzato. L’installazione scelta dai Musei Civici permette di osservare la sedia in tutti i suoi lati, permettendo ai visitatori di apprezzarne a piano la preziosità.
(Filippo Gatti)