A Pavia esiste una strada dal nome davvero particolare: via del Muto dall’accia al collo. Impossibile non interessarsi alle origini di una denominazione così intrigante. C’è chi analizza i tratti di una statua (che si trova a Porta Marica nel centro cittadino) con perizia artistica e chi si abbandona al piacere di romanzare, aggiungendo dettagli che ne perpetuano la magia: un amore ostacolato, con tutti i suoi clichè e una suocera cattiva destinata a soccombere ai buoni sentimenti. Questo sarebbe all’origine dell’intitolazione di quella via.
Si narra, infatti, che un giovane pescatore possedesse una rete magica in grado di pietrificare i pesci del Ticino. Un segreto da custodire gelosamente. Per questo il pescatore sceglieva di uscire con la sua barca solo con la complicità delle tenebre della notte, e ogni mattina ricompariva sulla riva con una barca piena di pesci. Fu in una di quelle ‘fortunate’ mattine di pesca che, arrivando a riva, si accorse di una figura femminile che catturò tutta la sua attenzione. Era la figlia di un comandante di una milizia romana e tra i due scoppiò un sentimento forte, subito ostacolato dalla matrigna della ragazza che proibì ai due giovani di rivedersi.
Per un po’, lo stesso buio che proteggeva il segreto del pescatore protesse anche gli incontri degli innamorati ma la matrigna una sera, travestendosi con la toga del centurione romano per non svelarsi, seguì la fanciulla e la sorprese con il suo innamorato che non ebbe altra scelta, e decise di usare la sua rete magica per pietrificare la donna. Che avvolta nella sua bianca toga rotolò e venne inghiottita nelle acque del Ticino.
L’opera incessante e levigante dell’acqua ne stravolse i tratti cancellandone le sembianze e, quando la statua fu ripescata, quel lembo di stoffa avvolto intorno al collo e pietrificato, fu identificato come un’acia, ovvero una matassa, e quella bocca abrasa e contorta in un ghigno come una malformazione da mutismo.
(Lara Vecchio)