Tra le colline dolci e i borghi caratteristici dell’Oltrepò Pavese, una delle tradizioni più affascinanti e meno conosciute è quella della Cena delle 7 Cene. Un rituale che si celebra il 23 dicembre e che unisce spiritualità, convivialità e sapori della tradizione contadina, questa particolare cena affonda le sue radici nei tempi antichi. Le origini di questa tradizione millenaria risalgono al medioevo e sono avvolte da un fascino intriso di simbologie pagane e cristiane. La “cena delle sette cene”, non era un modesto pasto, ma un banchetto sontuoso che preparava gli animi al digiuno del giorno seguente per prepararsi a celebrare al meglio la nascita di Gesù Bambino nel giorno del Natale. Imbandita con cura, la tavola si arricchiva di sette portate simboliche che rappresentavano le ore di luce scarsa dell’inverno, i sette peccati capitali e persino i giorni sacri in cui, secondo la Bibbia, Dio creò l’universo. Ogni pietanza che componeva questo rito conviviale celava in sé un significato profondo e magico, conferendo al banchetto un’aura di mistero e sacralità.
Protagonista di questa solenna cena è il “miccone”, tipico pane oltrepadano che deve stare al centro della tavola. Dietro a questa pagnotta si cela una leggenda, tramandata dai monaci, che rimanda alla fuga in Egitto di Gesù Bambino, con Giuseppe e Maria. Narra la storia che il piccolo Gesù venne nascosto in un contenitore colmo di pasta di pane. Per gli ebrei di quei tempi la pasta di pane era priva di lievito. Incredibilmente l’impasto cominciò a lievitare, avvolgendo e nascondendo il bambino dagli occhi dei nemici. Questo evento straordinario rese la lievitazione un fenomeno quasi sacro, inducendo i contadini a conservare gelosamente una parte di impasto chiamata “âl cârsént”, che è quella parte essenziale per fare il pane la successiva volta.
Prima della lievitazione i contadini tracciavano con la lama del coltello un segno di croce sull’impasto, conferendo al pane un’aura di sacralità. Questo gesto compiuto con riverenza e devozione simboleggiava la benedizione divina che avrebbe preservato tutti coloro che avrebbero consumato il pane.
Ed ecco le sette portate, rigorosamente di magro, che compongono la cena del 23 dicembre. Si comincia con l’insalata di acciughe, peperoni e barbabietole. Non vi sembri strana la presenza delle acciughe in un piatto oltrepadano: l’Oltrepò Pavese era il luogo di partenza della Via del Sale, un percorso che collega il borgo di Varzi alla Liguria, destinazione dalla quale venivano importati questi pesci. Si prosegue con la torta di zucca e le cipolle ripiene di magro che allontanano gli spiriti maligni. Spazio quindi alle Fasce del Bambino con l’agliata: le reginette, questo il tipo di pasta usato, richiamano con la loro forma le fasce che accolgono Gesù bambino e vengono condite con una salsa a base d’aglio per scongiurare spiacevoli incontri. Compongono le ultime tre portate il Merluzzo con l’uvetta, il Formaggio con la mostarda e le Pere giasò (ghiacciolo) cotte con le castagne.
La simbologia e i significati delle portate
La zucca, con il suo vivace colore giallo, evoca la potenza e l’energia del sole. Dicembre è il mese del solstizio d’inverno, una data significativa per i pagani che celebrano il sol invictus, il giorno del sole invincibile. Aglio e cipolle, invece, sono considerati elementi capaci di proteggere dagli spiriti maligni. Ricche di simbologie sono anche i “dâ Bâmbén cun l’âjà” (fasce del Bambino con l’agliata), ovvero lasagnette che rappresentano le fasce di Gesù Bambino. Il condimento, l’agliata, è a base di aglio e noci, e le noci stanno a significare ricchezza e fecondità. L’uvetta cucinata con il merluzzo rappresenta un simbolo di ricchezza e abbondanza, come ci ricorda l’usanza di mettere in tavola uva bianca il primo giorno dell’anno. Un’altra combinazione culinaria che rappresenta un simbolo di fertilità è quella delle pere ghiacciolo cotte con le castagne. La forma della pera, con il suo richiamo al ventre femminile, assume un significato particolare legato alla fecondità. La presenza poi di acciughe e merluzzo non deve meravigliare: grazie alla Via del Sale il consumo di pesci che potevano essere conservati sotto sale era estremamente diffuso in tutto il territorio.