L’11 febbraio 1799 Lazzaro Spallanzani muore a Pavia dopo un ictus. Il suo corpo viene sepolto alla Certosa, il cuore finisce al museo di Reggio Emilia, i visceri nella chiesa di Scandiano e la vescica al Museo Storico dell’Università. L’autopsia è eseguita dal suo acerrimo rivale Antonio Scarpa, noto per la sua crudeltà.
Ma la vera sfida della sua vita è l’“Affare Spallanzani”: nel 1786 viene accusato di aver rubato reperti dal Museo dell’Università per la sua collezione privata. Il complotto, orchestrato da Scarpa e altri accademici, fallisce: Spallanzani è riconosciuto innocente, mentre i calunniatori vengono puniti con un severo rimprovero e condannati al “silenzio perpetuo” sull’accaduto.
La vendetta di Spallanzani è raffinata: invia allo scienziato Giovanni Antonio Scopoli un esofago di pulcino, spacciandolo per un parassita umano. Scopoli, ingannato, lo descrive come una nuova specie, Physis intestinalis. Quando Spallanzani rivela lo scherzo, Scopoli ne muore di crepacuore.