Raffaele Ciferri, botanico di fama internazionale, fu una figura chiave nello studio delle malattie fungine e nella lotta per la libertà durante la Seconda guerra mondiale. Nato nel 1897, vinse nel 1936 il concorso per la cattedra di botanica presso la neonata Facoltà Agraria e Forestale dell’Università degli Studi di Firenze. Nel 1942 si trasferì all’Università di Pavia, dove divenne direttore dell’Istituto botanico e del laboratorio crittogamico, consolidando il suo ruolo nel mondo scientifico.
La sua passione per la micologia lo portò, nel 1938, a fondare insieme all’amico Piero Redaelli la rivista Mycopathologia, che contribuì in modo significativo alla conoscenza delle malattie fungine nell’uomo e negli animali. La loro collaborazione portò anche alla creazione del Centro di micologia umana e comparata, un punto di riferimento per lo studio delle infezioni fungine.
Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale e la necessità di razionalizzare l’uso del rame per fini non bellici, Ciferri fondò il Centro studi anticrittogamici. Grazie alla collaborazione con studiosi del calibro di Luigi Luca Cavalli-Sforza, sviluppò fungicidi con il minor quantitativo di rame possibile, migliorando i trattamenti contro le infezioni agricole e favorendo l’uso combinato di zolfo e sali rameici. Tra i suoi collaboratori figuravano anche Elio Baldacci, Dino Picco e Aldo Corte, con i quali contribuì a modernizzare la protezione delle colture.
Oltre al contributo scientifico, Ciferri ebbe un ruolo cruciale nella Resistenza. Dopo aver aderito ai Fasci italiani di combattimento nel 1920, con l’armistizio di Cassibile del 1943 cambiò radicalmente posizione e iniziò a collaborare attivamente con i partigiani. Mise a disposizione la sua casa per ospitare ebrei e prigionieri in fuga, organizzando persino una radio clandestina nascosta nell’orto botanico dell’Università di Pavia. Tra coloro che aiutò vi fu la sua assistente Lia Tomici, protagonista del recupero della salma del partigiano Leopoldo Fagnani.
Scoperto dalle Schutzstaffel (SS), Ciferri fu costretto a rifugiarsi nelle Langhe per sfuggire alle rappresaglie naziste, continuando la sua attività di supporto alla Resistenza fino alla Liberazione.
Raffaele Ciferri morì a Pavia il 12 febbraio 1964, lasciando un’eredità scientifica e umana di straordinaria importanza.