Tra le pieghe della storia pavese emergono episodi di tensione che raccontano un complesso rapporto tra tradizione e modernità, tra popolazione urbana e comunità studentesca. Un esempio emblematico di queste dinamiche si verifica nella sanguinosa rissa scoppiata tra il 23 e il 24 gennaio 1868, un evento che segnò profondamente il tessuto sociale dell’epoca.
L’incidente avvenne durante un ballo in un’osteria nei pressi del ponte sul Ticino, luogo che richiamava giovani locali e studenti universitari. Le tensioni, spesso latenti, trovarono sfogo in quella serata, degenerando in uno scontro aperto che lasciò sul terreno diversi feriti, alcuni dei quali in condizioni gravi. La contrapposizione tra i giovani pavesi e gli studenti si alimentava di mutue insofferenze, spesso legate a differenze culturali e sociali. Comportamenti giudicati sconvenienti – specie quelli legati all’interazione con l’elemento femminile – fungevano da scintilla per il conflitto.
Il giorno seguente, gli studenti manifestarono la loro solidarietà verso i compagni feriti, mentre i cittadini pavesi, in segno di sfida, alimentarono nuove provocazioni. La situazione sfociò in un ulteriore scontro, con episodi di violenza riportati dai giornali dell’epoca. Il quotidiano milanese Il Pungolo parlava di «brutali violenze da parte di alcuni popolani, usi al coltello e agli assalti notturni», denunciando l’aggressione subita dagli studenti.
Tuttavia, la narrazione delle testate milanesi come La Gazzetta di Milano esasperò i toni, attribuendo alla città di Pavia la responsabilità di un’atmosfera ostile verso la comunità studentesca. Questo provocò un intervento della Giunta municipale pavese, preoccupata di tutelare il buon nome della città e la sua vocazione universitaria. L’amministrazione ridimensionò la gravità degli eventi e invitò gli studenti a tornare alle lezioni per scongiurare ulteriori tensioni e garantire la continuità degli studi.
Nonostante la gravità dell’accaduto, la Giunta riuscì a riportare la calma, evitando ripercussioni disciplinari sugli studenti e proteggendo la reputazione dell’Università. La città e la provincia, infatti, riconoscevano l’importanza di preservare il prestigio dell’Ateneo, fonte di benefici culturali ed economici per il territorio.
Questo episodio, sebbene eccezionale nella sua violenza, riflette un fenomeno più ampio di difficoltà di convivenza tra i giovani universitari e la popolazione locale. Episodi minori, come schiamazzi notturni e piccoli vandalismi, erano frequentemente segnalati, ma raramente sfociavano in eventi così drammatici.