L’8 febbraio 1880, la Cattedrale di Pavia fu chiusa a causa del pericolo imminente rappresentato dalla soffitta e dal tetto in stato di degrado. Per proteggere le sacre reliquie custodite nel duomo, tra cui quelle di Sant’Agostino, venne deciso di trasferirle nell’Episcopio. Questo evento offrì l’occasione per una nuova ricognizione delle reliquie del santo vescovo d’Ippona e per un intervento di conservazione destinato a preservarle per il futuro.
Dopo aver ottenuto il consenso del pontefice Leone XIII con un rescritto del 17 luglio 1880, il 15 aprile 1884 venne effettuata la ricognizione. L’urna di cristallo, incastonata in una struttura di bronzo dorato, fu estratta dalla cassa d’argento che la custodiva abitualmente. I sigilli, apposti nel 1842 da Monsignor Tosi, vennero verificati prima di procedere all’apertura, compiendo così la nona ricognizione ufficiale delle reliquie dopo il decreto di Benedetto XIII.
Le ossa del santo furono trovate in uno stato di deterioramento preoccupante. Per questo motivo si decise di trattarle con il silicato di potassa, un’innovativa tecnica di conservazione. L’operazione fu eseguita per tre volte e si concluse con successo: le reliquie acquisirono una consistenza vitrea, che ne garantì la conservazione per le generazioni future.
Questo intervento non solo preservò le preziose reliquie di Sant’Agostino, ma fu anche un momento di grande emozione per la Chiesa pavese, consapevole della sua responsabilità nel custodire un’eredità di fede tanto significativa.