Il 7 marzo 1950 si spegneva a Voghera Gaspare Pietro Bergonzoli, figura di spicco nel panorama medico e sociale della città. Nato a Sant’Agata di Cannobio, sulle sponde del Lago Maggiore, proveniva da una famiglia di illustri antenati, tra cui lo scultore Giulio Bergonzoli.
Dai documenti anagrafici di Voghera risulta immigrato da Pavia il 1° marzo 1879. Proprio a Pavia frequentò l’Università, laureandosi nell’anno accademico 1889-90. Nel 1896 entrò a lavorare come medico assistente presso l’Ospedale Psichiatrico di Pavia a Voghera, dove nel 1904 divenne vicedirettore, succedendo allo zio Francesco Bergonzoli, e nel 1910 assunse la direzione dell’istituto.
Bergonzoli visse e operò nell’ospedale per gran parte della sua vita, insieme alla sua famiglia, che comprendeva la moglie Romilda Calcaprina e i loro tre figli: Francesco (ingegnere), Fernando (ragioniere) ed Enzo (medico traumatologo). All’epoca, infatti, i medici risiedevano all’interno del manicomio con le loro famiglie.
Studioso di fama e collaboratore di Cesare Lombroso, che lo citò in alcune delle sue opere, Bergonzoli aveva interessi che spaziavano oltre la medicina: la sua biblioteca, ricca di volumi in italiano, tedesco, inglese e francese, testimonia la sua passione per la cultura. Nel corso della sua attività scientifica raccolse e classificò una collezione di crani e cervelli di pazienti deceduti nell’istituto, una raccolta oggi purtroppo perduta. Tra le sue pubblicazioni, si ricordano Note craniometriche su 26 crani di prostitute (1893), oltre a vari studi e relazioni sulle attività del manicomio provinciale di Voghera.
Parallelamente all’attività ospedaliera, svolse attività di insegnamento presso l’Università di Pavia, dove fu libero docente di psichiatria forense (1921-1922) e di clinica delle malattie nervose e mentali (1922-1949). Il suo impegno sociale si manifestò anche nella direzione dell’Orfanotrofio cittadino di Voghera, che guidò per oltre vent’anni.
Dopo il pensionamento nel 1939, Bergonzoli si trasferì con la famiglia in via XX Settembre a Voghera, dove morì il 7 marzo 1950. Rimasto vedovo nel 1916, si risposò con un’infermiera, Ada Burani, che gli sopravvisse fino al 1982.
Oggi il suo nome resta legato alla storia della psichiatria e della città di Voghera, a cui dedicò la sua intera esistenza.