Il tardo pomeriggio del 30 novembre 1967 segnò l’inizio di un evento destinato a lasciare il segno nella storia di Pavia e dell’Italia: le prime occupazioni studentesche all’Università di Pavia, che anticiparono di qualche mese l’ondata di contestazioni del Sessantotto. Dopo due accese assemblee, gli studenti decisero di occupare le facoltà di Lettere e, successivamente, di Fisica.
Le occupazioni durarono fino al 5 dicembre, un periodo di intensa mobilitazione che vide la nascita di un movimento in grado di ottenere i primi risultati concreti, come la creazione di un comitato paritetico grazie alla concessione del consiglio di facoltà.
Quei giorni furono un microcosmo del fermento culturale e politico del periodo. Gli studenti dibattevano di grandi temi internazionali, come la guerra in Vietnam e la morte di Che Guevara, accanto a questioni più vicine, come la contestata riforma universitaria promossa dal governo Moro e dal ministro Gui, rappresentata dalla famigerata legge “2314.”
L’università di allora era ancora un’istituzione rigida, dominata dai “baroni” accademici, che giungevano alle lezioni accompagnati da autisti e, a volte, dal proprio cagnolino, simbolo di un’epoca distante dal fermento che stava nascendo nelle aule e nei corridoi.
Le proteste di quei giorni, con i loro slogan, dibattiti e scioperi, divennero un ritratto vivente di un Paese in transizione, in cui il confronto generazionale e il desiderio di cambiamento iniziavano a scuotere le fondamenta di istituzioni fino a quel momento intoccabili.