Il 24 febbraio 1525 nel territorio dell’attuale comune di Pavia, viene combattuta la Battaglia di Pavia che vide contrapporsi l’esercito francese, guidato dal re Francesco I in persona, e l’armata imperiale di Carlo V, costituita da mercenari tedeschi (i lanzichenecchi) e da soldati spagnoli.
Lo scontro si svolse nei pressi delle mura di Pavia, città che era stata cinta d’assedio dai francesi fin dall’ottobre del 1524. La battaglia si concluse con la sconfitta di Francesco I, che venne fatto prigioniero e condotto a Madrid, dove firmò un trattato che sanciva la rinuncia francese a ogni pretesa sull’Italia.
La battaglia ebbe importanti conseguenze politiche e militari perché segnò l’inizio della supremazia spagnola in Italia ed evidenziò la superiorità della fanteria (i tercios spagnoli) sulla cavalleria pesante, cambiamento che avrebbe caratterizzato le tattiche militari nei decenni successivi. La battaglia è ricordata anche perché in tale occasione venne ferito a morte il condottiero Giovanni dalle Bande Nere.
La Battaglia di Pavia fu uno scontro cruciale non solo per le sorti delle guerre d’Italia, ma anche per l’evoluzione delle tattiche militari. Oltre alla superiorità dei tercios spagnoli, un ruolo fondamentale nella battaglia fu giocato dall’uso degli archibugi. Queste armi da fuoco permisero ai fanti di infliggere pesanti perdite alla cavalleria francese, fino ad allora considerata invincibile. L’impiego degli archibugi nella battaglia di Pavia segnò l’inizio di una nuova era nella storia militare, in cui le armi da fuoco avrebbero assunto un ruolo sempre più importante, cambiando per sempre il modo di combattere. La battaglia di Pavia è quindi un evento spartiacque che merita di essere ricordato non solo per le sue conseguenze politiche, ma anche per aver cambiato per sempre il modo di fare la guerra.