Il 15 febbraio del 1002, oltre mille anni fa, la Basilica di San Michele assisteva a un evento storico: l’incoronazione di Arduino d’Ivrea a re d’Italia. Il vescovo Guido Corti pose la corona sul capo del marchese, in una cerimonia che segnò l’inizio di un regno destinato a durare tredici anni.
Arduino, marchese d’Ivrea, rappresentava l’aristocrazia feudale italiana che si opponeva al crescente potere imperiale germanico. La sua elezione a re d’Italia fu espressione della volontà dei grandi feudatari del regno di mantenere una propria autonomia politica.
Il suo regno fu caratterizzato da continue lotte contro l’imperatore Enrico II, che rivendicava il controllo del regno italico. Una contesa che segnò profondamente la storia dell’Italia medievale, in bilico tra autonomia locale e influenza imperiale.
Ma è forse la conclusione del suo regno a essere più significativa dal punto di vista umano: nel 1015, Arduino compì una scelta sorprendente per un sovrano medievale. Rinunciò spontaneamente alla corona e si ritirò nel monastero di Fruttuaria, dove morì il 30 ottobre dello stesso anno.
Una parabola esistenziale che racconta molto del Medioevo italiano: dalle ambizioni di potere alla scelta della vita monastica, dalla corona regale al saio benedettino. La storia di Arduino d’Ivrea rimane emblematica di un’epoca in cui potere temporale e spirituale si intrecciavano indissolubilmente.