Nel cuore del Secondo Conflitto Mondiale, il piccolo comune di Rosasco fu teatro di un drammatico episodio che unisce il coraggio della resistenza civile al tragico costo umano della repressione.
La vicenda ebbe inizio il 2 dicembre 1943, quando tre militi della Guardia Nazionale Repubblicana (GNR) di Vigevano scoprirono in una zona di campagna un ricovero per prigionieri inglesi. Secondo la testimonianza di Celestina Beia, uno di loro venne catturato mentre lavorava nei campi con Angelo Beia, il mugnaio del paese, che cercò di opporsi. Al termine del rastrellamento, tre prigionieri inglesi furono catturati, uno dei quali rimase ferito.
I militi rinchiusero due degli inglesi nel municipio, portando il ferito a Mortara. Più tardi, tornarono con due sottufficiali tedeschi, ma trovarono il municipio vuoto: la popolazione del paese era intervenuta per liberarli, mostrando un coraggio collettivo che sfidava l’occupazione.
La risposta delle autorità fasciste e tedesche fu brutale. Diverse persone furono messe al muro e costrette a rivelare i nomi di chi aveva aiutato gli inglesi. Il nome di Angelo Beia emerse tra gli accusati. Secchi, Marmelli e un soldato tedesco si recarono al mulino per arrestarlo. Beia tentò la fuga, ma fu ferito e catturato. Trasportato all’ospedale di Mortara, morì il 7 dicembre 1943.
La repressione non si fermò qui: la comunità di Rosasco subì dure conseguenze. Furono arrestate alcune donne, tra cui la giovane Rina Martinoli, trattenuta a Mortara per giorni. Fu imposto il coprifuoco, vennero chiusi gli esercizi pubblici e comminata una multa collettiva, pari al doppio delle tasse comunali.