Il banchiere della mafia Michele Sindona muore 56 ore dopo aver bevuto un caffè al cianuro nel supercarcere di Voghera dove si trovava per scontare la pena per l’omicidio dell’avvocato Giorgio Ambrosoli. È il 22 marzo 1986 e sulla cittadina iriense si accendono i riflettori dei media nazionali e internazionali. Si cercano delle risposte che mai arriveranno. La morte di Sindona a quasi 40 anni di distanza continua a restare un mistero aperto, come i tanti segreti d’Italia che si è portato con sé. Suicidio o omicidio? Uomo potentissimo, legato a importanti personaggi politici e al Vaticano, il finanziere Sindona aveva però anche legami con la mafia e la loggia massonica P2. La prima condanna è per bancarotta fraudolenta, successivamente la Corte d’Appello di Milano lo condanna all’ergastolo come mandante dell’omicidio di Ambrosoli, l’avvocato incaricato di seguire il fallimento della Banca Privata Italiana dello stesso Sindona. Dopo soli quattro giorni da questa sentenza una tazza di caffè mette la parola “fine” ad un’epoca di intrecci tra potere politico e economico.