Jovica Jovic è un grande musicista. Con la sua fisarmonica ha suonato in tutta Europa: nei teatri eleganti e nelle balere di paese, ai matrimoni allegri e alle sagre paesane, nei festival importanti dove la musica diventa arte. Come musicista l’hanno conosciuto prima Moni Ovadia e Marco Rovelli, attratti dal suo talento straordinario. Ma presto, tra una nota e l’altra, tra un concerto e una cena insieme, Jovica è diventato per loro molto di più: un amico prezioso e un formidabile cantastorie.
Perché Jovica, oltre a far cantare la sua fisarmonica, sa raccontare la vita con quella stessa maestria con cui accarezza i tasti del suo strumento. E così, nelle serate dopo i concerti, quando il pubblico se n’è andato e restano solo gli amici veri, Jovica apre il suo tesoro di storie.
C’è quella volta che, ragazzino affamato, rubò le galline alla vicina cieca, e come quella marachella si trasformò in un’amicizia inaspettata.
C’è quella volta che suo padre Dušan, nell’inferno di Auschwitz, compose una canzone che portò nel cuore per trent’anni prima di affidarla alle mani del figlio.
C’è quella volta che Jovica non si voleva sposare – lui, uomo libero con la fisarmonica e tutta l’Europa davanti – ma poi si sposò lo stesso, scoprendo che l’amore non toglie la libertà, la moltiplica.
C’è quella volta drammatica in cui la guerra in Jugoslavia gli distrusse la chiesa che aveva costruito mattone dopo mattone con le sue mani, lasciandogli solo macerie e il ricordo di un sogno infranto.
E c’è quella volta memorabile del 1971, quando si comprò quella Dallapé rossa: tre mesi di sacrifici per una fisarmonica che sarebbe diventata la compagna di una vita, la custode di tutte le sue melodie e di tutte le sue storie.
Perché ogni grande musicista ha il suo strumento del cuore, e quello di Jovica è una fisarmonica di Stradella che sa cantare in tutte le lingue d’Europa e che porta dentro di sé l’anima di un uomo che ha trasformato la vita in musica e la musica in racconto.